Il Cabaret Berlin è come me lo aspetto, l' aria sa di whisky e le poltrone è meglio non ascoltarle, raccontrebbero storie che devono restare segrete. Alla porta sono in due, quello buono e quello cattivo, ogni tanto discutono sotto la grande insegna rossa a led scorrevoli. E' ancora presto e mentre fumiamo un' altra fantastica sigaretta ebbri di vino, tapas e risate, personaggi vari escono dal locale ancora chiuso o sostano poco lontano dall' ingresso, in calle Baìlen 22.
Entriamo, borse dei dischi, rumore di tacchi e amici per mano, e percorriamo il corridoio: cosa c'è di meglio di un lungo corridoio per portarti tra i gironi di una misteriosa perdizione. Certo che i cocktail o li fanno con il misurino o il mio bicchiere è bucato, e anche quello degli altri. Poi arrivano i nostri, ci siamo ancora solo noi e giriamo tra i divanetti e il palco come se fossimo a casa. Silvia Prada ha un eleganza magnetica ed è simpatica, ma forse in questo momento sembrano tutti così. Fa gli onori di casa e poi sparisce, forse a chiamare chi-sai-tu. Il locale ha una strana magia di rosso soffuso e penombre, in contrasto con le luci del palco. Anche i bagni sono belli, e sembrano davvero i bagni di un bordello. Ops, pardon, in effetti questo originariamente era un bordello. Lo adoro.
Il resto è un vortice di musica e notte. Quando i Barking Dogs iniziano a suonare è un vero show, noi siamo tutti lì in estasi, con la pista che brulica di amore ambiguo e balli sudati, uno scambio di bicchieri e un cambio di vinili: il tempo si ferma in un unico grande disco.
Anche questo è Sonar, questa è Barcellona, non siamo mai stati così vivi, e sentiamo che la città è nostra.
Ah, dopo suona anche Pete Herbert, ma la mia mente è dentro un taxi che ci porta verso un' altra storia.
posted by Meow
Sonar Off - 18.06.2011 @ Cabaret Berlin, Barcelona
Cosa ti puoi aspettare da un ragazzo di 21 anni nato a New York e cresciuto a pane e Mulatu Astatke?
Cosa ti puoi aspettare da un ragazzo di 21 anni che dopo tre anni di lavoro tra vari mix 12", remix e collaborazioni con gli artisti più in voga del momento - e sulle label più raffinate del panorama musicale - viene invitato ad esibirsi ad uno dei festival più importanti d’Europa? Un album raffinato, un live esagerato e personalità da vendere.
Si perché il caro e giovane Nicolas Jaar si mette gli occhiali da vista ed insieme ai suoi tre alfieri fa esplodere il Sonar Dome con un' ora di sexy sound che inchioda i (credo) 2000 presenti alla sua performance, nella sala più scura e sotterranea del Sonar 2011.
Forse gli organizzatori pensavano che fosse il live meno seguito della giornata del giovedì, visto che l’hanno cacciato in gattabuia a sudare, o forse, data l’età, credevano di punirlo con la solita legge della gavetta: fatto sta che così hanno punito anche noi, belli freschi come al solito in attesa di un grande show (che alcuni dei presenti avevano già lungimirantemente vissuto e portato a Milano), costretti poi a sudare e sbavare come cavalli in una sala dove muoversi era un’impresa.
Ma alla fine queste sono solo parole che non servono a nulla perché saremmo comunque stati in prima fila ad ascoltare, ballare ed osservare una delle giovani promesse della musica contemporanea, anche se avesse suonato nel deserto dei Gobi (cit).
Nicolas Jaar ti stupisce con la raffinata armonia delle sue melodie, ti coinvolge gradatamente coi suoi beats, ti spettina con le sue linee di basso. Nicolas Jaar ti colpisce dalla freschezza nel padroneggiare il palco e ti eccita con la sensualità degli accompagnamenti di sax, Nicola Jaar ti ipnotizza con i suoi synth e ti frulla con i solo di chitarra.
E non dite che mi sono fatto prendere dall' entusiasmo: questa non vuole essere una sviolinata partigiana ad un eroe di guerra, ma la certezza di aver trovato l’inizio di un arcobaleno.
Qualcuno ha esordito scrivendo che forse è più difficile di quel che realmente serva suonare ogni singola nota, melodia e linea di basso con degli strumenti veri.
Sicuramente sono opinioni, come è un’opinione scrivere che aver assistito, vissuto ed ascoltato dal vivo i tre geni (forse incompresi) della scena techno tedesca sia stata l'esperienza più eccitante di qualsiasi altra performance live mai vista prima.
Sì perché al Sonar 2011 finalmente c’è stato lo spazio e il giusto pubblico per far esibire l’orchestra made in Germany capeggiata da Daniel Brandt, Jan Brauer e Paul Frick - in arte Brandt Brauer Frick e, in questo preciso contesto, The Brand Brauer Frick Ensemble.
Un Ensemble, un complesso ma coordinato insieme di effetti, suoni, note e melodie che dieci musicisti strabilianti hanno cucito ad hoc per uno show da pelle d’oca.
Stare fermi è impossibile perché se è vero che il colpo d’occhio inganna ed il palco è invaso da strumenti che potrebbero esser appena usciti dalla Scala di Milano, quello che l’ensemble fa uscire dalle colonne di Nexo presenti ai lati dello stage è un tuono techno a ciel sereno che muoverebbe anche le gambe ormai fragili di nonna Jole.
E per tutti quelli che pensano che certe cose sia meglio farle con un laptop, questa è la dimostrazione di come passione, talento e capacità possano realizzare delle vere poesie, adatte sì ai teatri, ma in grado di coinvolgere anche i clubbers più scatenati ed esigenti, senza prendere in considerazione facili scappatoie.
Avevamo già parlato di Brandt Brauer Frick Ensemble lo scorso Dicembre, in occasione dell' uscita del loro album "You Make Me Real". Potete leggere l'articolo e ascoltare tutte le tracce QUI.
Se poi ci perdonate la mano mossa, ma volete gustarvi un assaggio di com'è andata al Sonar, eccovi il video.
Era il 1° maggio del '94 quando Ayrton ci lasciava orfani del suo straordinario talento durante il Gran Premio di San Marino, ed era sempre la primavera dello stesso anno quando l'Istituto Tecnico Turistico "Claudio Varalli" che ai tempi mi vedeva tra i suoi iscritti, si apprestava ad iniziare un'altra stagione di occupazioni studentesche.
La mia personale colonna sonora a quei tempi era "Hard To Earn", il quarto straordinario lp di Gangstarr, il duo hip hop composto da Guru (R.I.P) e Dj Premier, musicassetta fatta girare giorno e notte per tutto il marzo e l'aprile di quell'anno nel mio Walkman Sony WM-EX 37.
Poi, un sabato di fine maggio, il solito pellegrinaggio a Wag e Time Out, (il ritrovo d'eccellenza per i b-boy di Milano) e la solita carrellata di sguardi attenti all'espositore verticale che conteneva le novità hip hop del momento, uno scrigno colmo di meraviglie per l'allora diciassettenne che ero; pochi secondi e poso l'occhio su una copertina strana, in bianco e nero, niente pantaloni larghi, niente catene o grossi orologi, ma solo uno bizzarro personaggio seduto sul sedile posteriore di un auto, somigliante a John Belushi.
Era "Ill Communication", il quarto album dei Beastie Boys, che ascoltai fino allo sfinimento per tutto quell'anno.
Questo ampio preambolo per trasmettervi le emozioni che mi ha risvegliato "Hot Sauce Committee Part Two", un pugno nello stomaco simile a quello che ricevetti con "Ill Communication" diciassette anni fà.
Molti potrebbero obbiettare e liquidare il tutto dicendovi che i Beastie Boys propongono la stessa musica da 25 anni. Stronzate. Passare agevolmente nell'arco di una carriera tra hip hop, punk / hc, funk acido e psichedelia strumentale non è cosa da tutti.
Certo, non tutto l'album tiene lo stesso livello qualitativo dei primi quattro lavori del trio, ma ci si avvicina molto per energia, voglia di rimettersi in gioco e senso di appartenenza a tutto quello che per la band rappresenta la old school di un tempo.
Hot Sauce Committee Part 2 si apre con 'Make Some Noise', il primo singolo, (affiancato all'esilarante promo video in cui i Beastie's hanno reclutato una banda di pazzi di cui fanno parte tra gli altri Will Ferrel, Danny McBride, Jack Black, Elijah Wood, Will Arnett, Steve Buscemi e Susan Sarandon) acido, terribilmente funk, distorto dalla testa ai piedi, e decisamente potente.
Poi 'Don't Stop Disco Powerpack', con basso e batteria che potrebbero ricordare i riff e le atmosfere di Q-Tip & Soci ai bei tempi e ‘Don't Play No Game That I Can't Win’ dove le melodie vocali di Santi White alias Santigold la fanno da padrone, con i Beastie sapientemente a contorno.
Una menzione particolare la faccio per ‘Multilateral Nuclear Disarmament’, particolare strumentale che mi ha ricordato alcune atmosfere di "Ill Communication".
Altre tracce che ho particolarmente apprezzato sono 'Too Many Rappers' con il featuring di Nas e 'Here's A Little Something For Ya'.
In conclusione un ottimo ottavo lavoro per Adam Horovitz, Adam Yauch e Michael Diamond,
una piacevole conferma che per i Beastie Boys il tempo non si ferma.
Chi non ricorda quel terremoto del 12 Gennaio 2010, che ha messo in ginocchcio un intero paese. Ecco la domanda è proprio questa, chi se lo ricorda, perchè nel mondo veloce in cui viviamo, bombardati da notizie incessanti sui giornali, in tv, sui computer, per strada, quando questo bombardamento cambia facciamo presto a dimenticarci di cosa si stava parlando. Insomma, quando dopo due settimane di prima pagina i media non dedicano più spazio al Grande Terremoto di Haiti; può essere stato disastroso quanto vuoi, ma scommetto che l'hai già messo in un angolino dellla tua memoria. Ma le cose non stanno così. Non è un brutto sogno che scompare quando apri gli occhi. Quando apri gli occhi è lì davanti a te, più vero che mai, ed è il momento in cui pensi che bisogna (e puoi) fare qualcosa.
Così ha fatto Andrea Pellizzari, in arte Mr Brown - si proprio quello della televisione, delle Iene - partendo per Haiti con in mano una versione electrodance di "London Bridge" (la famosa canzone popolare inglese) firmata da Bob Cornelius Rifo, leader dei Bloody Beetroots: i bambini dell'orfanotrofio N.P.H. di Kenscoff, guidati da Mr Brown, ci hanno cantato sopra e ne sono nati un videoclicp e un cd distribuito da Universal, le cui vendite sono state destinate alla Fondazione Francesca Rava.
Pochi mesi dopo, dall'adesione di alcuni tra i piu conosciuti artisti italiani all'iniziativa "Mr Brown for Haiti", è nata una versione di "Remixes": tra i partecipanti Dino Lenny, Pink is Punk e The Barking Dogs.
Stasera, per quanti di voi si trovano dalle parti di Perugia e per quanti con un po' di spirito dell' ultimo minuto pensano di mettersi in macchina subito, ci sarà l'iniziativa benefica "Mr Brown & Friends for Haiti" . Un occasione di svago e divertimento, una festa con ottima musica e un buon intento: non dimenticare e rimboccarsi le maniche, perchè c'è ancora tanto da fare per costruire la casa di accoglienza per gli orfani di Haiti, il progetto sostenuto da Mr Brown. Tutti i proventi della serata saranno destinati alla Fondazione Francesca Rava per N.P.H.
The Barking Dogs Remix
Dal comunicato ufficiale:
La Fondazione Rava opera da 23 anni in Haiti con tanti progetti in aiuto all’infanzia: qui sono stati realizzati già 3 orfanotrofi, uno con 600 bambini a kenscoff, e gli altri 2 sono due strutture provvisorie dove sono già stati accolti 160 bambini orfani del terremoto o in disperato bisogno in attesa di una casa definitiva in cui possano entrare i tanti altri che aspettano di entrare.
Per donare:
c/c bancario: Banca Mediolanum SpA - Ag. 1 di Basiglio (MI)
IBAN: IT 39 G 03062 34210 000000760000
BIC: MEDBITMM - c/c postale: 17775230
02 giugno 2011
caffe morlocchi - Perugia
Mr Brown & Friends for Haiti
(con Andrea Pellizzari, Claudio Coccoluto, The Barking Dogs)