sabato 18 dicembre 2010

The Brandt Brauer Frick Ensemble

Questa potrebbe essere la settimana più bella dell’anno: perché la democrazia Italiana era sul punto di dare la picconata finale per abbattere quel muro grigio che la separa dall’Europa; perché il Plastic fa trent’anni e perché sempre sabato potresti vedere l’Inter diventare finalmente campione del mondo. Oppure perché prendendo sul serio queste parole capiresti il perché regalarti questo long play per la vita.



Perché se di solito scrivo vaghe recensioni, voglio mettere in chiaro che mentre “Bop” gira sul mio Technics ho la netta percezione che codeste parole diveranno un 'ode alla musica in primis e ai tempi che stanno per cambiare.
Perché come in “the Dreamers” di Bernardo Bertolucci, chiunque può notare che fuori dai nostri account digitali, il mondo si sta scrollando dalle spalle le sue incertezze. Gli scontri degli studenti a Londra, la rivolta in Francia per le pensioni, la crisi mondiale ormai al suo picco, sono segni dell’esasperazione popolare; che siamo d’innanzi a un nuovo sessantotto, a nuovo novantuno.. non v’è dubbio. Cito l’anno di “Blue Lines” dei Massive Attack per esprimere al meglio la sensazione di stupore che ho avuto udendo queste nove tracce, che mischiamo le carte in tavola, tra musica classica, free jazz, minimal techno e dub. Nulla da spartire sia chiaro con quelle puttanate elettro sperimentali alla Moritz Von Oswald trio, che si rifanno a un suono anni novanta ma riletto in chiave più elementare, vista la totale assenza della componente adolescenziale di quei tempi.
Perché da allora sono passati più di vent’anni e in mezzo oltre allo sdoganamento di internet ci è passata pure l'era dell’home studio. Ovvero di chi, senza una cultura tecnica di base, ha potuto comunque iniziare a miscelare suoni, senza seguirne le regole classiche di armonia, di qualità della registrazione, insomma di tutto quel mondo che porta i dischi degli anni settanta ancora splendidi e sognanti sino a noi oggi.


Del resto Daniel Brandt, Jan Brauer e Paul Friedrich Frick sono Musicisti: non fanno ne i dj, nei producer, ne tanto meno i Pr. E’ gente che cura la qualità di un singolo suono emesso, lo fa suonare tanto per intenderci meravigliosamente bene. E se un paragone si può fare, quello più corretto è quello alla grande cucina: una musica di ricerca, fatta di ingredienti freschi e di stagione, amalgamati con sapienza, ma con la voglia di innovare.
A molti potrà sembrare un disco minimal modern jazz, con quei richiami vaghi alla dOP ma è molto di più: è cura maniacale, che si evidenzia sin dalla cover, con il disegn di uomini pinkfloydiani con la valigia, sostare su scale mobili. Certo ammetto che ascoltarlo dagli speaker interni del portatile non sarebbe una grande mossa (un po’ come mangiare il carpaccio di cappesante di Heinz Beck a Roma con piatto e posate di plastica) perché perdereste la potenza delle frequenze alte, nitidissime e avvolgenti, quelle delle basse, disegnate per colpire allo sterno il fruitore, ma non le medie, pensate invece per colpirlo al cuore. Chiunque ha un minimo di senso estetico non può che rimanere ammirato dal gusto e dall'eleganza di quest’opera, che tende a innovare sia il panorama della musica elettronica sia quello della musica classica, suggerendo il La alla commistione tra due generi e mondi ormai non così distanti distanti.
Perdonate tutta questa serietà. Ma la musica, questa musica, è davvero una cosa serissima.
posted by Ivan Minuti

Brandt Brauer Frick
You make me real
!K7
novembre 2010

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