giovedì 16 settembre 2010

AEROPLANE: We can't fly | Eskimo Records

Da ragazzo mi sono sempre chiesto che razza di tipi fossero i giornalisti musicali, che preparazione avessero in merito alla musica o che tipo di formazione necessitassero per diventarlo. Poi però crescendo, un po’ per scherzo ho rischiato di finire col prendermi sul serio nel farlo, il giornalista. Ma qual è la definizione di giornalista? Colui che scrive sul giornale? Credo calzi più un’espressione del Blasco come “quel tale che scrive sul giornale”.
Si perché diciamocelo: in fondo anche se hai ascoltato migliaia di dischi, visto un sacco di concerti o partecipato a molte feste open bar,  nessuno ti autorizza a dare voti o stelline al lavoro di qualcun altro. Puoi esprimere un parere, un' opinione che in quanto tale per buona educazione va comunque rispettata; ma la triste realtà è che il tuo commento in merito alla musica nasce dal fatto che essa, quella vera, quella fatta di partizioni e note, di arrangiamenti e mix, forse hai sempre e solo sognato di farla.

Aeroplane We can't fly


Scelgo di dilungarmi su questo incipit perché ho capito al primo ascolto che “We can’t fly” è uno di quei lavori che devi metabolizzare pian piano, digerire lentamente. Perché il rischio ascoltandolo in maniera veloce è quello di cadere nel catalogare un album, come quello in questione, nel libro mastro dei lavori che non inventano niente di nuovo.
Ma Vito De Luca e Stephen Fasano devono essere tizi  che hanno ascoltato musica e brani di cui forse la maggior parte dei saputelli nostrani non immaginano nemmeno l’esistenza.
Le influenze sono chiare e i riferimenti altrettanto: gli Aeroplane sono stati capaci di re-inventarsi soluzioni importanti riuscendo a fotografare il prossimo futuro della musica dance. Io non lo so se le chitarre sono suonate per davvero e francamente non mi interessa se è una Fender, una Moog midi da sei mila euro o se è stata accordata da un tizio di Seattle.
Aeroplane, dj, Stephen Fasano,Vito De Luca

Mi importa riuscire a comunicare quel gusto retro di Fish in the Sky, via di mezzo (per come la vedo io e forse io soltanto) tra una sigla televisiva dei telefilm di Italia1 e i capelli lunghi delle rock star degli anni ottanta è vero, ma con il levare in faccia, caratteristica peculiare di cui si abusa nei nostri tempi. Questo è quello di cui voglio scrivere: musica che hai suoi riferimenti, i suoi punti fermi, ma in grado di spiazzarti. Parliamo di musica e finiamola tutti di dire sembra questo, mi ricorda quello, l’ho già sentita da qualche parte. Perché la traccia che da il nome all’album  (la seconda per intenderci) è un caposaldo da duemila dieci e una notte: con questo intro squisitamente preso bene, con il campione del bambino che anticipa questo coro soul; e poi spazio ai synth, ai lead synth, ai synth bass, e a questi super accordi di piano. Questo album ti entra dentro lentamente, finendo però con il risucchiarti veloce come i due minuti e trentasei di “Superstar” e il suo vocoder. Poi se parliamo di “I don’t feel” la citazione è d’obbligo alla strapotenza vocale alla Grace Jones, con questo rullante panino, farcito da un incisivo arpeggio che forse è proprio preso da “Your love” di Frankie Knuckles ma utilizzato in maniera efficace ed originale. Mi auguro solo di leggere di questo lavoro, sperando di non essere stato il solo a cogliere il messaggio. E se Aereoplane non sarà davvero in grado di volare allora vorrà dire che sarò stato l’unico in grado. 

posted by Ivan Minuti



AEROPLANE - We can't Fly
Eskimo Records
sept. 2010

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