venerdì 20 maggio 2011

Gablè | Cute Horse Cut

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La prima cosa che balza all’occhio nel cogliere questo “Horse cut horse”  dei Gablè oltre all’ennesima copertina circolare della stagione 2010/2011 è il numero delle tracce; venti canzoni ti fanno pensare a svariati singoli e qualche intermezzo di pochi secondi. Invece ascoltandolo ti rendi conto che come fu per la musica punk, a parte “Who tells you” e l’ultima “My diamond pond” ogni canzone si aggira intorno ai due minuti. La cosa positiva, è che ogni traccia rappresenta un’idea (e non viceversa come troppo spesso accade un’idea viene rappresentata in dieci tracce). Ma francamente l’impressione da cui non riesco a scindere il mio pensiero, è che se un’idea è valida, allora vale la pena di provare ad approfondirla: è questo che differenzia oggi un professionista da chi questo mestiere lo fa per diletto.
Infatti più che un album, un percorso completo, questo appare come una compilation di demo, di irriverenti prove, spunti presi qua e là. Il mood che si percepisce ha un non so che di teatrale, giocoso, ai limiti dell’ironia. Non s’intende quanto questa percezione globale sia voluta, ricercata e questo certamente colpirà l’ascoltatore, che non saprà cosa aspettarsi.
Un esempio lo dà sicuramente “0000” che apre con l’accensione di un’aspirapolvere sommata a un organetto; ma davvero i cambi repentini di umore ogni trenta secondi, tra batterie che partano e si fermano un istante più tardi, i continui tagli alla linea armonica per lasciare spazio ai campionamenti improvvisati e distorti senza alcuna cognizione di causa..  stizziscono, paiono invadenti e senza un preciso perché.
Immagino che qualche intellettuale de noaltri legato all’utilizzo del Mellotron, gridi al capolavoro nell’udire tritati insieme musica beat, noise, folk misto campioni rudimentali. Personalmente, premesso che apprezzo l’originalità di certe soluzioni, trovo giusto sottolineare la differenza tra la ricerca sottile, intuitiva e raffinata di molti artisti contemporanei, come il primo Apparat, lo stesso Four Tet, gli ottimi Animal Collective, rispetto a quello che francamente trovo un mezzo lavoro acerbo e lunatico. E me ne frego se se chi sdogana questa roba la definisce Art Pop: perché qui di artistico c’è solo la voglia di apparire come l’arte contemporanea, ovvero futile e includente. Ascolta un lavoro a caso di Fred Buscaglione e semmai ne riparliamo.
posted by Ivan Minuti


Gablè - Cute Horse cut
Loaf - 2011

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