La riproducibilità tecnica dell'opera d'arte modifica il rapporto delle masse con l'arte.
(W. Benjamin - Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit)
E' possibile fare House Music nel 2011? E' possibile continuare a sequenziare beats dopo Chicago, New York, Detroit, Londra, Berlino? Gli squassamenti dell'house contemporanea non si sono forse esauriti tra le mura del primo Tresor andando ad abbellire l'habitat della borghesia intelligente? Il continuo progresso tecnologico annichilisce anche gli ultimi residui di libertà e toglie all'arte i temi. La House è finita. Per quanto sovversiva è ormai obbligata a utilizzare un linguaggio preposizionale. Lo spettro che da Mallarmè in poi ha terrorizzato le coscienze artistiche, ossia l'impossibilità di dire parole non ridotte a meri pezzi di scambio si aggira tra noi.
'fanculo a Benjamin, Adorno e Mallarmè. Let's dance.
Si, è possibile fare House Music nel 2011, si tratta di venire a patti con una storia di circa trent'anni che se ti ci metti a seguirla ci perdi la vita sulle piste e sui dischi, sulle note di copertine scritte in piccolo, sui sintetizzatori, sulle drum machines nelle stanzette, sui compressori e ascoltare il disco da capo per sentire come fa la cassa, finchè non riesci a farla uguale.
Si parte deep con "Cosmo" a settare l'atmosfera di tutto il disco: tra la Jamaica e la New Wave con il basso che gira funk su sperimentazioni di beats dub noise ipnotiche, ci si perde tra gli spazi dilatati dai delay e le distorsioni della tessitura ritmica in Harmonizer.
"Slow" il secondo pezzo è un beat disco rallentato con una linea di basso acid, ma preso male, a salire e scendere fino a che non entra il live bass a lanciare un incastro hip su una chitarra funk. Ogni sample che sento è un pezzo di quella "storia" di cui si va parlando. Gli strumenti suonano, ma c'e' spazio per sentirli ri-suonare, tra riverberi lunghissimi, ascendenze di delay tirati per il collo fino alla distorsione ed ecco che risale il basso acid. Non è ancora finita, arriva un solo che senti il noise del jack di un monosynth del '77. Ciao.
E via così su "First Steps" tra synthismi e stabbs, giri di basso regolari e profondi, rullanti secchi e dritti con la loro bella coda di plate scintillante come una chitarra National, e quando entrano gli shaker li senti che ti massaggiano la pelle.
Arriva "Chain Gang" primo singolo uscito qualche mese fa con un remix bomba club di Lasertom. Si tratta di un basso talmente strampalato da poter trovare la propria perfetta collocazione solo sotto il vocal crooner-glam di Max Essa (vedasi sopra alla voce "storia"). Arricchisce la confezione una bella collezione di samples kraut su cui il vocal si adagia e scherza "What's that noise?".
Si riparte con una versione più lineare del primo singolo HOL, uscito su Mad On The Moon l'anno scorso con versioni di Mammarella e Ajello. Poi arriva la roba pesante. "Old Stuff", arpeggio Tangerine '80, beat con cassa in delay e tappeti space a lanciare il flauto di Rocca in un solo che riporta lo stile un po più indietro, parliamo di un viaggio tipo "Organization". Poi "Blue Gitanes", che dimezza e rallenta, con un basso fondo e lento, salgono morbide le chitarre, ad accompagnare il solo synth, ruvido e sporco a raddrizzare un roba che sembra funk-progressive italiano anni '70 e si sente.
"Getting Down" o potremmo chiamarla "I'm going to spend my life with you", ma c'e solo quello che senti dell'originale, poi è una svolta di esperimenti sul groove che si ferma, riparte, improvvisa percussionismi sulle linee di basso e synth, c'e un bel lavoro, incastri continui, accenni di New York e poi la follia, il campionamento tirato ad andare in loop malato per la pista.
"The Beat" a citare i Chris & Cosey che evidentemente hanno un certo ascendente sul duo e riprendere un beat che fa parte di quella "storia" di cui si parlava, con un cantato tra Lydon e la demo version di "Cosmic Dancer", dislocazione del senso e ricostruzione. A chiudere c'e' "Flight 707" un pezzo che nella perfezione della sua classicità ti lascia il senso di questo disco: è impossibile fare un disco House nel 2011 senza sporcarsi le mani con tutta la storia che c'è dietro. L'importante è farlo come si deve. Suonare bene, produrre con classe, far ballare la gente.
Il disco in questione è di The Heels Of Love, Milano, Italia.
posted by The Man Who Failed To Hurt
The Heels Of Love
NANG (UK)
2011
NANG (UK)
2011
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