Quando hanno esordito nel 2007 con l’album Little Dragon e hanno debuttato con Place to Belong, ho capito subito che la provenienza giapponese della cantante del gruppo svedese non fosse una cosa trascurabile. L’eredità di un paese come il Giappone non la puoi nascondere in un cassetto, non te la levi di dosso neanche se vivi in Svezia. Esce con la forza graffiante di una tigre, alza le gonne di Yukimi Nagano e infervora la sua voce ad ogni canzone. Strappa la sua quotidianità, scuote la sua anima e crea pieghe profonde nella sua voce rendendola unica, inspiegabile, inimitabile, zingara. Il piccolo drago che è in lei cerca un posto a cui appartenere, una casa da chiamare dimora e una dimensione da sentire famigliare. Ma la natura infuocata della sua musica la condanna a viaggiare, e così i Little Dragon danno prova di grande maturità ed ecletticità, saltando sui generi, mischiando le tendenze e sperimentando le ritmiche, sorprendendoci sempre con dei risultati celesti. Il secondo album Machinedreams ha perle come Blinking pigs, ballate romantiche post atomiche e viaggi sopra aurore magnetiche. La poesia dell’elettricità si innamora di malinconie sintetiche dando vita a ricercati echi orientaleggianti in cui la voce femminile e seducente si insinua. Ci si perde negli occhi a mandorla della cantante e nei synth di marca nordica.
L’ultimo album però è molto più che virtuosismo elettronico. E’ un incontro rituale. È un correre sul filo tra sacro e profano, tra lecito e vietato, tra esplicito e censurato, tra permesso e concesso. "Ritual Union" è un salto coraggioso da un karaoke asiatico ad un pulpito cristiano. È una messa per eretici, un anelito per disperati, un paradiso per peccatori. Se fin'ora hanno avuto la necessità di dichiarare da dove provenissero certe sonorità, oscillando tra eccentricità e originalità, ora stanno fermi in quel nowhere di loro proprietà. Fieri, saldi sembrano non temere nulla e affermare la loro indipendenza.
Non sono immediate le loro intenzioni, sembrano interrogarci con sibilline questioni melodiche e la voce della cantante non basta più per farci fidare della natura leggiadra della loro musica. Serve molta più attenzione per ascoltare l’ultimo maturo lavoro dei Little Dragon, il suo linguaggio e il suo codice. Fino a qui hanno cercato di stupirci convincendoci di quanto sono in grado di fare. Ora dettano le regole del gioco. Non c’è spazio per gli ottusi. La loro musica è rivoluzione morbida. O lotti o lasci il posto.
Little Dragon - Ritual Union
Peacefrog 2011
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